Vince solo chi e’ convinto di poterlo fare (Virgilio)

Aeroporto di Kiev, Ucraina. Sono in transito, destinazione Astana, Kazakhistan. Sono da solo (Lorenzo). Come sono capitato qui? Non dovrei essere disperso da qualche parte in Uzbekistan o in Kyrgyzstan? Si’, dovrei. Facciamo qualche passo indietro.

27 luglio: “autostrada” tra Volgograd e Astrakhan, ore 10:30 circa. Siamo prossimi all’ingresso in Kazakhstan. Il motore di Cliopatra sbiella, siamo nel mezzo della steppa. Come per gli eserciti di Napoleone e di Hitler, non siamo riusciti ad attraversare il Volga (lo faremo a piedi qualche giorno dopo). Rientriamo in maniera rocambolesca a Volgograd, appesi per una strop a 90 km/h dietro ad un camion del letame per tre ore e 200 chilometri. Comincia l’incubo.

28 luglio -> 1 agosto: ingaggio una estenuante battaglia legale con l’ufficio doganale per poter rottamare l’auto perche’ danneggiata in maniera “ragionevolmente irriparabile”: 750Euro di valore del veicolo contro 5.300Euro per un nuovo motore che in Russia non esiste e deve essere spedito dalla Francia e sara’ consegnato tra 3 mesi. Il parere della dogana e’ contrario: siccome il danno e’ riparabile devo portare l’auto fuori dai confini russi pena l’arresto e il pagamento di una multa oltre alle spese di importazione del veicolo (circa 5.000Euro). Avrei problemi simili sia in Ucraina che in Kazakhstan, non mi resta che la Romania, primo confine UE. Dopo aver tentato di farci installare il motore di una Lada ed essermi accordato per farla rubare o bruciare, tento una via piu’ ragionevole bypassando l’ufficio doganale ma per un giro di telefonate vengo “scoperto”. A quel punto scattano le minacce da parte del funzionario doganale. Nel frattempo il Consolato a Mosca si rivela INUTILE, abbandonandoci senza assistenza alla impari lotta contro la burocrazia assurda di questo paese. Decido di riportare l’auto in Romania. Potrei attendere ancora, il visto non scade prima del 17 agosto, ma voglio tentare il possibile per concludere il rally comunque.

2 agosto -> 5 agosto: ha inizio la transumanza che ci vedra’ arrivare al confine rumeno il 5 agosto, alle 4 del mattino, dopo aver cambiato due volte carro attrezzi, aver oliato con 50 dollari l’uscita dalla Russia e con altrettanti l’ingresso in Ucraina, aver perso 12 ore al confine russo per l’incompetenza del primo autista, aver ammirato Vladimir (il secondo autista) guidare attraverso 1.100 chilometri di orride strade ucraine per 22 ore senza mai veramente fermarsi, aver spinto Cliopatra al buio attraverso l’uscita dall’Ucraina, l’ingresso e l’uscita dalla Moldavia (un paese fortunatamente in discesa) e l’ingresso in Romania. Attraverso l’intercessione di Roberto e di un UAZzaro di Roma, Cliopatra viene presa in consegna e sara’ in Romania ad attendermi al sicuro in attesa di una decisione. Con Emanuele prenotiamo un volo per rientrare a Roma nel pomeriggio, siamo a casa.

6 agosto: torno, verso est. Emanuele resta a Roma, dopo avermi riscaldato il cuore con la sua presenza al mio fianco, sempre. Durante i giorni a Volgograd abbiamo conosciuto una serie di squadre di passaggio, oltre ad un nutrito gruppetto di improbabili quanto straordinari personaggi (magari proprio Emanuele ne vorra’ scrivere). Tra le squadre una irlandese composta da due ragazzi, Damien e Brendan, con i quali mi sono tenuto in contatto. Con l’evolversi della situazione siamo comunque riusciti a coordinarci e domani mattina ad Astana mi uniro’ a loro e al loro convoglio di 5 squadre che stanno procedendo speditamente verso Ulan Bator! Voglio concludere questo rally, innanzitutto perche’ sarebbe il coronamento di un sogno e il punto di arrivo di un investimento notevole sia in termini economici che personali. Voglio arrivare al traguardo per tutti coloro che ci hanno aiutato in questa impresa. Voglio raggiungere Ulan Bator perche’ ho la percezione che soltanto di li’ potro’ ripartire. Durante l’infinito viaggio da Volgograd a Bucarest ho avuto l’occasione di leggere un piccolo ma splendido libro, “In Mongolia in retromarcia“, di Massimo Zamboni, uno dei fondatori dei CCCP che insieme a Giovanni Lindo Ferretti affronto’ una viaggio nella quasi inesplorata steppa mongola nel lontano 1996 (viaggio che poi ispiro’ l’album “Tabula Rasa Elettrificata”). Chiudo questo post con un paio di righe prese da questo volume, ribadendo il mio immenso grazie a chi di voi ci ha aiutato durante i difficili giorni di Volgograd, vi abbiamo sentito vicino in un momento in cui la confortevole sicurezza dei confini della nostra incredibilmente straordinaria Unione Europea sembravano cosi’ lontani. Continuero’ ad aggiornare questo blog e la pagina di Facebook durante gli ultimi 15 giorni in cui attraverseremo i monti Altai e il deserto del Gobi settentrionale. GRAZIE ancora, davvero di cuore.

Non c’e’ meta che valga quanto la sua strada. Non felicita’ se non nella tensione per raggiungerla. Dove la retta e’ congiunzione sterile, la via meno fascinosa tra due punti, un percorso troppo arrogante e semplificato che non confonde tracce, non prevede guadi, non pendenze ne’ le frane improvvise. Inadatto ai racconti o al canto.” M. Z.

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Il tipo Russo

Ci sarebbero un sacco di cose di cui vorrei scrivere.

Innanzitutto ci sarebbe da raccontare qualcosa sui guai che hanno perseguitato la macchina e che l’hanno portata alla definitiva morte in suolo russo.

Oppure ci sarebbe da raccontare il monumento ai caduti e il suo fascino che sembra andare oltre il tempo per il quale è stato costruito e oltre quello che vuole ricordare.

Ci sarebbe da parlare delle proverbiali complicazioni burocratiche e le assurde leggi russe.

Sarebbe interessante raccontare come le varie persone che si incontrano fanno pensare, di volta in volta, a quel personaggio di tale libro che mi sembra stia prendendo vita di fronte a me.

Ma sono tutte cose che io mi sarei immaginato di leggere sul blog di qualcuno che va in Russia.

Piuttosto, nella fredda terra Russa, non immaginavo di trovare calore e accoglienza, desiderio di aiutare unito a disinteresse spontaneo, e invece mi hanno circondato.

Questo secondo periodo a Volgograd è stato complicato, per via della situazione di base davvero proibitiva: immaginate di essere ai confini sud di una città lunga 120 km, con una macchina rotta oltre il riparabile sul lato della strada, senza sapere parole russe oltre al buongiorno, grazie, arrivederci.

Da quel punto, abbiamo trovato una serie di persone che hanno preso il loro tempo e le loro risorse e ci hanno aiutato in tutti i modi possibili, immaginabili, ed oltre.

Il direttore della concessionaria Renault (li devono scegliere in base alla loro gentilezza e disponibilità ad aiutare il prossimo senza ricevere niente in cambio…), l’avvocato della loro filiale e i loro meccanici ci sono stati dietro per alcuni giorni: ci hanno portato a parlare con i vari uffici della dogana (per capire se e come avremmo potuto lasciare il paese senza automobile), alla polizia per registrare la nostra presenza in Russia (un ora di file, 4 moduli fitti fitti da compilare in russo, una marca da bollo, e poi fotocopie, richieste di informazioni, hanno fatto tutto loro), ci stanno aiutando a vagliare le possibili alternative che ci presentano grazie anche alla fondamentale opera di traduzione che stanno facendo per noi.

Oltre a loro, una serie di altre persone che conoscendo, o intuendo (per via dell’ostacolo linguistico) la nostra situazione hanno fatto tutto ciò che potevano per aiutarci.

A volte ti si presenta qualche tipo poco con la faccia losca e dice: “ti aiuto io, possiamo fare così”. E tu pensi che, pur di uscire da questa situazione, sentiamo che ha da dire questo tipo. E poi scopri che la faccia uno non se la sceglie, e magari quella faccia losca ti porta in giro mezza giornata, ti chiama l’amico che lavora per le assicurazioni per aiutarti e pur di non fare un’infrazione stradale fa il giro di mezza città (sempre 120 km….)!

I libri russi raccontano di un popolo avvezzo alla sofferenza ed ai guai, che sempre è stato sottoposto a leggi che si percepiscono distanti e limitanti. E allo stesso modo il popolo russo è, senza dubbio, poco propenso all’accoglienza turistica e ad una interazione serena ed immediata con altre culture.

Ma chissà, forse il fatto che affrontavamo una grande difficoltà, causata proprio da leggi che risultano incomprensibili, ci ha accomunati a loro, ha fatto sì che ai loro occhi fossimo diventati dei russi DOC, e che meritavamo quindi la loro solidarietà e vicinanza proprio perchè accomunati da un destino simile, e non più stranieri in visita.

O forse, non vedono l’ora di aiutare il prossimo, non so. Però devo dire che, più di quanto mi aspettassi, ho sentito le persone di questo posto molto vicine e molto raramente (ma vedremo alla fine della storia) ho avuto l’impressione che il loro interesse alla nostra causa fosse dettato da interessi verso un qualsiasi tipo di ritorno.

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Stalingrado NO PASARAN!

Ci svegliamo di buon ora, Emanuele non sta ancora benissimo ma decidiamo di metterci in strada e raggiungere Astrakhan, il confine kazako, Atyrau. Sono circa 750 chilometri da Volgograd, ai quali andrà aggiunto il tempo necessario per passare questo difficile varco doganale. Carichiamo Cliopatra, salutiamo i due austriaci conosciuti nel frattempo che stanno girando il mondo in furgone e ci mettiamo in strada. Sono le 09:00.

Impieghiamo un’ora a uscire da Volgograd, la città è… lunga! Si estende seguendo il corso del Volga per una ottantina di chilometri. Passiamo una decina di posti di blocco della polizia con un paio di “stalli messicani” ma tutto fila liscio. Raggiungiamo una immensa fabbrica/acciaieria/raffineria/centrale e lasciati i tubi sopraelevati che fanno da arco di trionfo all’ingresso in città ci troviamo, in un batter d’occhio nel nulla desolante ma affascinante della steppa. Procediamo spediti, 100 km/h, un lusso da quando siamo entrati in Ucraina! Sembra che la strada sarà così per tutti i 425 chilometri che ci dividono da Astrakhan. “Manu, io chiudo gli occhi per un’oretta”. “Vai tranquillo Lore”.

IMG_3613Poco dopo mi sveglio, fumo che esce da sotto il cofano, strani rumori provenienti dal motore. Non ci posso credere, non ci voglio credere. Sono le 12:00 circa. Usciamo dall’auto, apriamo il cofano, la ventola del raffreddamento sta bruciando, colpita dal cappello della biella che ha provocato un buco nel carter: il fumo fuoriesce da lì. Spegniamo l’incendio. A quel punto alziamo gli occhi: siamo circondati dal nulla, 200 chilometri a sud di Volgograd, altrettanti a nord della nostra destinazione. Si comincia a ragionare. L’ACI? Non sono socio… Toccherà fermare qualcuno, ma chi? Dopo circa mezz’ora accosta una vettura, targa bielorussa. Ne escono un calmucco con fattezze orientali e un russo, Hongar e Igor. Il primo ci comincia a parlare in russo, il secondo sta bevendo birra e mangiando patatine. Ha inizio una lunga conversazione fatta di gesti, disegni, ripetizioni, incomprensioni. Hongar vuole acquistare Cliopatra e portarsela a sud dove produce caviale. Igor stappa una seconda birra da mezzo litro e fuma. “EVAKUATUR EVAKUATUR” ci fa. Soldi, Volgograd, ripara, via.

IMG_3622Un’ora e tante “chiacchiere” dopo ci sembra di aver compreso che ha chiamato un carro attrezzi che ci porterà a Volgograd. Bene. Nel frattempo si fermano tre squadre. Di una fa parte un russo che lavora in Gran Bretagna, diventa il nostro traduttore ufficiale. Il soccorso dovrebbe arrivare intorno alle 15:00, si fa conoscenza sul bordo della strada con gli altri e si cerca di sdrammatizzare la circostanza. La solidarietà reciproca tra squadre è uno degli elementi più preziosi in situazioni del genere. Verso le 15:30 si presenta Badmà (Batman per gli amici)… con un camion per il trasporto del letame! Lo parcheggia contro un avvallamento fuori dalla strada per spingerci Cliopatra dentro. Nel farlo si strappa il portapacchi… Appena caricata ci si rende conto che a Volgograd non si riuscirà a scaricare l’auto. “TOW TOW”. Verremo trainati. Per 200 chilometri. Si sono fatte quasi le 17:00, salutiamo le squadre che si sono fermate a soccorrerci e partiamo.

IMG_3624Badmà non va per il sottile: su tre metri di corda, ci tira a 90 km/h con punte di 100! Ce la facciamo sotto: con tutti gli imprevisti che si presentano regolarmente su queste strade, quali probabilità ci sono che tutto fili liscio? Ci ferma pure la polizia che controlla i documenti al furgone e grazia noi, i nostri visi distrutti, i nostri abiti sporchi. 200 chilometri, tre ore e un crampo alla caviglia dopo veniamo scaricati alle porte di Volgograd dove chiamiamo il carro attrezzi “ufficiale” che ci porta l’auto alla Renault. Arriviamo all’officina alle 20:30. L’autista del carro attrezzi, un Clint Eastwood in salsa ex sovietica, ci accompagna sotto all’ostello. Siamo tristi, scoraggiati, stanchi. Incontriamo due squadre irlandesi, una manna dal cielo per il buonumore. Usciamo a bere con loro, ci rilassiamo un po’.

IMG_3653 Siamo fermi. Serve un motore nuovo. Emanuele sta pensando di gettare la spugna. Potrei proseguire da solo da qui, che sia con o senza Cliopatra. Nel primo caso vorrebbe dire che i tempi della riparazione e il costo saranno abbordabili: non voglio rimanere troppo indietro rispetto al gruppo. Nel secondo caso rottamerò (o spedirò in Italia) Cliopatra, le norme qui in Russia sono complicatissime in casi come questi. Procederò poi accettando passaggi di altre squadre: in tanti si sono offerti, compresi gli irlandesi che sono già ripartiti ma sono pronti a rallentare per attendere la “staffetta”. Oggi pomeriggio dovremmo prendere la decisione finale. Non è il Mongol Rally che ci eravamo immaginati: siamo stati più a lungo fermi a causa di questo maledetto motore che in viaggio verso est.

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Se ne vedono di cose strane

Giusto qualche foto:

Una statua di Rocky in Serbia (ma avrete qualche eroe, un insegnante, un cavallo, un cane cui dedicare una statua senza andare a pescare Rocky????).

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Qualche animale che in Romania ci ha messo paura… sembrava che ci stessero venendo addosso!

DSC03977Qui è dove abbiamo campeggiato prima del passo rumeno (che ora non mi va di andarne a cercare il nome…).

 

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E questo è il famoso passo rumeno di cui sopra

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Le automobili possono non essere affidabili (e noi lo sappiamo!), è necessario però che lo sia il carro attrezzi!DSC04023

 

Ciò di cui parlavo nel precedente post…

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Una puntatina in Egitto…

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A presto per altri aggiornamenti.

Emanuele

 

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Finalmente, on air, da Volgograd!

Finalmente dopo alcuni giorni davvero di fuoco siamo arrivati a Volgograd.

Abbiamo dovuto fare una sessione di guida davvero impegnativa per via del tempo perso nei primi giorni a per il guasto alla nostra automobile.

Ci siamo lasciati praticamente a Novi Sad, dalla quale ci siamo rivolti decisamente verso est per entrare nella mattinata del 21 in Romania.

Abbiamo deciso, dopo l’esperienza abbastanza difficile della frontiera croato-serba, di attraversare il confine da un varco secondario: abbiamo avuto ragione perché quando siamo arrivati non c’era praticamente nessuna automobile, ma solo qualche pedone o ciclista che passava la frontiera con la massima semplicità: i villaggi di confine serbo e rumeno distano infatti, sulla strada dove c’è il varco, solo qualche centinaio di metri: ed infatti la continuità di paesaggi, facce e architetture è evidente tra la Serbia  e la parte ovest della Romania: paesi costruiti per lungo sulla strada, fossato davanti ad ogni casetta e gli immancabili alberi stracarichi di prugne davanti ad ogni casa! Tutte quelle prugne diventeranno Slivovica o Palinka (Serbia/Romania).

Abbiamo quindi diretto la nostra auto verso nord est perché, pur allungando la strada di qualche chilometro, avevamo intenzione di percorere il famoso passo montano del Transafagarasan che collega Sibiu a Ploiesti.

La nostra intenzione originaria era quella di fermarci per dormire appena passato il valico, nella città di Ploiesti.

Poi la strada è peggiorata, e ci siamo resi conto che, verosimilmente, potevamo ambire a piantare la tenda nelle vicinanze del passo (2000m, fortuna che siamo equipaggiati per il freddo!).

Poi, prima di imboccare la strada del passo, abboiamo visto un posto dove si vendevano le trote pescate dal torrente che avevamo appena attraversato, ed abbiamo pensato: prendiamo due trote, le portiamo in cima al passo e ce le facciamo sulla brace!

Beh, la vendita di trote era chiusa, però il posto era talmente bello che ci siamo fermati a campeggiare lo stesso; le trote sono diventate linguine con guanciale e cipolle, alla fine è andata bene uguale!

Il giorno dopo ci siamo rimessi in marcia  ed abbiamo attraversato la parte restante di Romania, della quale non posso che confermare l’ottima impressione. Gli abitanti sono estremamente cordiali e disponibili, parlano inglese quasi sempre, i paesaggi sono davvero belli e si trovano strade in ottime condizioni.

La guida dei locali è però spericolata e bisogna fare molta attenzione al volante, tenendo gli occhi molto ben aperti.

In serata poi ci siamo trovati ad attraversare il confine con l’Ucraina: si è trattato di una vera odissea. A parte il continuo rimbalzare da un ufficio all’altro (quello che ci veniva indicato era puntualmente quello sbagliato, mentre era quello prima quello giusto, tornate lì!) ho avuto l’impressione che non vedessero l’ora di trovare qualcosa per cui accusarci. Hanno perquisito la macchina da cima a fondo, fermandosi perplessi ad osservare alcuni oggetti effettivamente strani che portavamo con noi (Siegfrid, l’Ascia tascabile made in CCCP, la palla pelosa ecc…). Tuttavia sono stati corretti, e pure in presenza di oggetti dubbi non hanno fatto poi tante storie: l’impressione quindi è stata che fossero convinti che avessimo con noi droghe o armi da fuoco (ce l’hanno chiesto più volte, non so perché avessero questa fissa), ma non che volessero metterci nei guai di proposito.

Comunque alla fine siamo riusciti ad avere il timbro sul passaporto e il via libera per entrare nel glorioso suolo ucraino!

… Una desolazione …

Eravamo circondati dal nulla, strade che sembravano aver subito un bombardamento pochi minuti prima, camion che si piantavano in mezzo alla strada a 20 km/h (letteralmente) e ti impedivano di passare… tutto questo all’una di notte e a 250 km da Odessa, la tappa che ci eravamo prefissi senza sapere del tempo che avremmo perso in dogana. Abbiamo guidato per un paio d’ore ancora, dopodiché ci siamo fermati in un’area di servizio, pochissime ore di sonno e siamo ripartiti con l’idea di prendere un caffè sul mare ad Odessa per poi fare dei giri e ripartire.

Ci siamo svegliati alle 6.00, alle 6.30 siamo partiti per raggiungere Odessa intorno alle 9.00 .

Siamo riusciti a trovare il mare alle 10.30, a trovare un internet point intorno alle 13.00. Tutto il resto del tempo è stato assorbito dal traffico, dal caos, dagli errori nel trovare la strada, dai cartelli in cirillico, dall’assenza di inglese.

Metteteci anche che nell’andare all’internet point ho dimenticato i quadernini con i post che avevo preparato in macchina, il fatto che avevamo fretta di riprendere la strada, ed ecco spiegata la scarnezza del post precedente.

A questo va aggiunto che non abbiamo possibilità di accedere al pc durante il viaggio, ma al limite, come in effetti sto cercando di fare, scrivere i post su carta (ve la ricordate la carta??) per poi copiarli appena posso accedere ad una presa di corrente e ad una connessione.

Comunque, ci siamo trovati in una città davvero stancante (caldo smog e traffico sono un trittico terribile), vi abbiamo buttato mezza giornata, appena possibile siamo ripartiti di corsa per raggiungere, a serata inoltrata, Dnepropetrovsk. Città che sorge su un lago, che evidentemente doveva essere una località turistica ai tempi dell’unione sovietica.

A notte fonda, dopo relativamente pochi giri rispetto a ciò che ci aspetterà il giorno seguente, siamo riusciti a trovare un albergo che stava subendo la sua prima ristrutturazione dai tempi della guerra fredda.

A parte l’austerità e l’enormità della struttura, assolutamente sproporzionata all’attuale carico di visitatori, sono stato colpito dal fatto che tutto nell’albergo era ancora in perfetta funzionalità, ma era evidentemente tarato su canoni del tutto diversi dai nostri: la doccia forniva acqua calda a volontà ed immediatamente, ma guardando il  bagno, ed immaginando di scivolare, si notavano subito svariati modi per farsi male seriamente: evidentemente la funzionalità tecnica era una priorità dei progettisti, la salvaguardia della salute degli utenti no…

Al di là di queste elucubrazioni, abbiamo mangiato una frittata (guanciale e cipolla… come te sbagli!) e ci siamo fiondati nel letto, essendo spossati: La nostra intenzione era di svegliarci nella primissima mattinata successiva, ma alla fine la stanchezza ed una lieve influenza montante nel mio fisico ci hanno portato a dormire fino alle 9!

Il giorno successivo avevamo in programma di attraversare l’Ucraina, e così è stato.

Oltre alla vastità (ma ancora non sarebbe stato niente rispetto ciò che ci aspettava) del territorio ucraino e delle sue coltivazioni in particolare (non a caso l’Ucraina è detta il granaio d’Europa) mi ha colpito molto vedere innanzitutto la quantità di mausolei che ricordavano gli eventi, a volte tragici a volte vittoriosi, della seconda guerra mondiale; ognuno di questi monumenti era in perfetto stato di manutenzione, più di qualsiasi casa o strada. Inoltre ho notato che in Ucraina c’è una forte presenza di simboli del comunismo ancora correntemente utilizzati. Dalla vendita di dolci per finanziare il partito, alle bandierine nelle automobili e nei camion con stella rossa o falce e martello, senza dimenticare le varie Uliça Lenina e Karl Marx Prospekta. Credevo che i popoli dell’est fossero ancora restii a fare i conti con il loro passato ma in Ucraina ho notato che non è così. E che il regime è stato evidentemente rifiutato, ma l’idea gode ancora di un notevole seguito.

È comunque impossibile non notare come la società ucraina si deve essere letteralmente sgonfiata con il crollo dell’Unione Sovietica: strutture sovradimensionate rispetto alle necessità attuali – come l’albergo in cui abbiamo soggiornato, ma anche industrie o insediamenti abitativi – sono all’ordine del giorno; d’altra parte, sembra proprio che le infrastrutture siano ferme a 25 anni fa.

Durante la giornata del 24, comunque, abbiamo incontrato le prime squadre che ci precedevano e le abbiamo superate, non siamo più ultimi!

In serata (21.30) abbiamo varcato la frontiera russa senza troppe difficoltà (ancora non riuscivano a capacitarsi del fatto che non avessimo armi da fuoco con noi tanto che, pur senza perquisizione ce lo hanno chiesto con estrema chiarezza).

Abbiamo pensato di attraversare il territorio russo di giorno, quindi fermarsi a trovare il primo ostello nel primo paese, per poi ripartire di buon’ora, sperando di lasciarmi alle spalle i primi sintomi influenzali.

Abbiamo lasciato il paese del quale non voglio neanche ricordare il nome alle 2.30 di notte.

Abbiamo percorso i suoi viali svariate volte, cercato da dormire dall’ostello, alla pensione sopra il night club fino all’albergo 4 stelle con le macchine sportive parcheggiate davanti.

Le indicazioni erano SEMPRE sbagliate, il posto immancabilmente chiuso o pieno, la elasticità linguistica dei russi pari allo zero assoluto, la minacciosità dei russi elevatissima.

Un vero incubo, abbiamo optato nuovamente per il sonno in macchina.

Finalmente stamani siamo arrivati a Volgograd, ci siamo riposati, ho avuto modo di scrivere queste due righe. Abbiamo mangiato un piatto di riso con il tonno, fatto una doccia e lavato i vestiti.

Domani andremo a vedere le attrazioni turistiche della città, riprepareremo i bagagli e dopodomani mattina partiamo per la prossima tappa (Kazakhstan!)

Domani vi racconterò anche che impressioni avranno sucitato in me gli eventi della giornata, riparerò i miei sandali che hanno ceduto, controllerò le foto ed i filmati che abbiamo fatto sinora; spero anche di poter dire di non avere più il fastidioso mal di gola che ho adesso.

Voglio anche chiedere ad Anna, la signora che ci ospita, se può prepararci una cena russa come si deve… vediamo un po’.

Ciao a tutti,

Emanuele & Lorenzo

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21 e 22 luglio

Ciao, ci troviamo in un internet point ad Odessa, andiamo anche di fretta perche oggi, pur essendoci svegliati all alba abbiamo fatto pochissimi chilometri (solo 180 utili alle 14 locali)

Ci siamo persi in citta svariate volte, ma non abbiamo saputo dire no ad una birra al mare alle 10 del mattino, (ma eravamo svegli da 5 ore quindi vale…).

Un post quindi molto rapido per aggiornare sugli eventi degl;i ultimi due giorni.

Sostanzialmente abbiamo attraversato la Romania in un poaio di giorni, attraversando il celebre passo Transfagarasan (da Sibiu a Ploiesti).

Pamorami mozzafiato e curve da godersi, magari con un auto piu peformante della nostra la prossima volta!

Della Romania ci ha colpito molto la bellezza dei paesaggi e la estrema disponibilita di tutte le persone che abbiamo incontrato. Uscendo da Bucarest poi ci si ritrova in un mondo arcaico davvero affascinante.

Ieri la giornata sembrava avviata verso una tappa trionfale da 1000 chilometri, quando ci siamo scontrati contro la frontiera rumeno/moldavo/ucraina… 4 ore a smontare la macchina, scaricare tutto, documenti, e ancora documenti ecc…

un a vera follia che ci ha lawsciato la possibilita di godere delle buche ucraine (che trappoloni!) solo alle 2 di notte.

Ora ci dirigeremo verso Volgograd, facendo tappa intermedia nella steppa Ucraina.

Andiamo se no non arriviamo piu

Tra un paio di giorni avremo ostello con wi fi e potremo scrivere piu estesamente di questi giorni.

Un grosso ciao e scusate gli errori di ortografia dovuti alla fretta e alla tastiera strana….

Ciao

Emanuele & Lorenzo

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Ricominciamo!

Sabato 20/7, ricominciamo!

Il viaggio non è iniziato nel migliore dei modi. La mattina del secondo giorno infatti la macchina si è rifiutata di ripartire. Subito ci siamo detti qualche frase circostanziata di auto-incoraggiamento: “vedrai, sarà stato il freddo…” (15°C…); oppure “forse è stato che abbiamo guidato tutto il giorno e poi ci siamo fermati (??? – ma perchè le macchine non si usano in questo modo?).

Come era prevedibile, cercare di prenderci in giro non è servito: il meccanico (l’ottimo Potrich) ci ha dato una doccia gelata: le valvole battono in testa, la distribuzione, steli piegati… un disastro.

Così è cominciata una discesa verso l’abisso, ogni novità andava verso il peggio, ogni notizia era cativa.

Pian piano comunque i pezzi si sono rimessi a posto, tra una passeggiata in montagna, una polenta (grazie Pia che ci hai tanto viziati!), un pacco che tardava ad arrivare (non fidatevi di poste italiane) Cliopatra sembrava guarire.

Ho perso ormai il conto dei posticipi intercorsi.

Ieri mattina, finalmente, sembravamo in grado di riprendere il nostro viaggio.

Potrich ci riconsegna la macchina la mattina presto; per eccesso di scrupolo infatti ha voluto lasciar trascorrere la notte, controllare a freddo tutti i serraggi e tutte le possibili fonti di guasto. Noi eravamo impazioenti ma, ci siamo detti, meglio aspettare stanotte per poi partire sicuri, inarrestabili, inesorabili….

Abbiamo fatto 2 km! Spia dell’olio accesa, olio motore che a contatto con la condensa notturna (Ah! allora lo vedi che il freddo c’entrava!) è diventato una specie di maionese impazzita… abbiamo chiamato il Potrich… la valle trentina si è riempita di imprecazioni in vari accenti e tonalità di colore…

Fatto sta, macchina di nuovo in officina, cambio olio, dopo un’ora siamo ripartiti.

Abbiamo fatto non 2, ma 4 km, la spia dell’olio si è accesa. E’ accesa tutt’ora… magari tra un pò si fulmina e non ci pensiamo più!

Per quanto riguarda il resto della giornata di ieri abbiamo semplicemente esorcizzato la staticità dei giorni passati: 930 km, dritto pe dritto, tra Serrada e Novi Sad. Poche soste, 100 km/h, maciniamo km!

Dobbiamo recuperare terreno e avvicinarci alla meta per goderci con più calma la parte esotica del viaggio.

La serata l’abbiamo trascorsa a Novi Sad, abbiamo tanto pensato a Stefano che avrebbe apprezzato!

Ruspa, ruspa!

Tra pochi minuti partiremo per arrivare il più vicino possibile all’Ucraina.

Puntiamo ancora ai mille, ma forse la strada non sarà buona come quella di oggi.

Mi dispiace non mettere foto, ma la schedina è in macchina e non m i va di andare  a prenderla, sarà per la prossima volta!

Infine, ultimo aggiornamento, la squadra si è snellita. Giuseppe ha gettato la spugna, si va in due!

Un  grosso ciao a tutti,

Roughahhhh!

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Ma noi, dove si va? /2

Il viaggio sarà lungo e i libri saranno compagni importantissimi, come sempre!

A me affascina la Russia, e mi sto preparando a raggiungere, con un minimo di coscienza, una tappa che non mi fa stare nella pelle.

Verso la fine di luglio arriveremo all’attuale Volgograd, prima conosciuta come Stalingrado, teatro di uno degli episodi più epici della storia umana. In questa città il popolo russo ha dato un bel calcio alla Storia, facendole prendere la direzione che ha portato fino a noi.

stalingrado beevorE allora ho preparato il terreno leggendo un saggio storico, “Stalingrado” di Anthony Beevor: un libro di storia che mi ha saputo affascinare alternando alla minuziosa ricostruzione una interessante raccolta di aneddoti.

L’inarrestabile esercito tedesco, con la sua forza d’urto ha inghiottito migliaia di chilometri, dalla Polonia alle porte del Caucaso con una rapidità terrificante. Niente sembrava poterlo arrestare, fino al suo arrivo a pochi chilometri dal volga. Qui è andata in scena una battaglia tremenda, nella città rasa al suolo dai bombardieri della Luftwaffe: sulla sponda sinistra si combatteva casa per casa, sulla sponda destra si ammassavano, giorno dopo giorno, milioni di soldati sovietici destinati al sacrificio. La notte, quando c’era qualche possibilità in più di scampare ai colpi dell’artiglieria che tempestavano il fiume, i soldati dell’Armata Rossa attraversavano il fiume ed andavano a fermare, letteralmente coi loro corpi, l’avanzata tedesca.

L’arrivo del celebre inverno russo ha poi dato il via alla controffensiva, al circondamento dell’armata tedesca e in seguito alla definitiva vittoria della guerra da parte dell’esercito di Stalin.

Un libro di storia da la possibilità di capire la cornice nella quale si svolgono gli eventi, ti da idea di cosa le persone hanno potuto provare in quegli anni terribili, ma è necessario un artista per andare oltre, e cercare di fare propria una esperienza e trarne ancora più insegnamenti.

E allora mi sono ricordato di Daniele, che già da tempo mi aveva consigliato un romanzo, il cui autore ha seguito l’intera battaglia dalle prime linee.

Il romanzo è “Vita e Destino”, l’autore e Vasilij Grossmann.

vita_destinoNe ho letto finora meno di 100 pagine, ma ho la netta sensazione di trovarmi di fronte ad un capolavoro.

Non vedo l’ora di avere tempo per immergermici del tutto, e non vedo l’ora di camminare in questa città, e di cercare i riflessi degli eventi incredibili che l’hanno attraversata.

Intanto una foto del monumento ai caduti… secondo me rende l’idea dell’epicità…

caduti

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Ci siamo!

Mancano ormai pochissimi giorni alla partenza!

countdown6Quando stamattina mi sono reso conto che tra 6 giorni saremo già in viaggio sono stato assalito da sentimenti contrastanti e umori variabili.

Che spettacolo! Ancora 6 giorni di attesa e poi si partirà per questa incredibile avventura!

Oddio solo 6 giorni riuscirò a chiudere tutti i lavori in sospeso e che non posso rimandare di un mese e mezzo???

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La Sindrome di Appolloni

mongolrallyMi capita sempre di pensarci prima di un viaggio.

So che arriverà quel momento.

Ma quando e dove arriverà?

E chi ha viaggiato con me sa cosa succederà a un certo punto.

L’accidia, l’inerzia languida e scorata, che nasce dal disincanto…

Quel momento mistico, odiato ma che poi diventa amato.

Quel momento che sarà poi il primo protagonista di tutti i racconti, il ricordo più divertente.

Il momento in cui si dice: “ma chi me l’ha fatto fare? Ma non potevo sta a Freggene Freggene(in quel momento il discorso s’appoggia stanco su ogni consonante raddoppiabile…) ad arrostirmi come na porchetta come tutte le persone normali invece de ritrovamme qui a (Utrine/Mirleft/Paleo Farsalos/Trabzon/Siofok/Atene…e quanti ancora!) stanco morto, lontano da ogni possibile conforto e ristoro? L’anno prossimo non mi ci frega: divano, ventilatore e estate romana!”.

Io lo so che quel momento arriverà, so che poi lo ricorderò con piacere; ma intanto, puntualmente, mi rabbuierò, inizierò a lamentarmi di qualunque cosa si affacci alla mia vista e alla mia mente, e avrò bisogno di rassicurazioni e sostegno.

Chissà dove sarò quest’anno… steppa kazaka, siberia, deserto del gobi.

Giuseppe e Lorenzo, preparatevi e portate con voi una scorta di pazienza!

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